Corte di Giustizia UE sulla Direttiva macchine: La marcatura CE non è una formalità

Corte di Giustizia UE sulla Direttiva macchine: La marcatura CE non è una formalità

Fonte: voltimum.it / marcaturace.com

Il fabbricante è il solo responsabile della conformità dei prodotti ai requisiti minimi di sicurezza richiesti dalle direttive comunitarie.

Già dal 2005 la Corte sottolinea che uno degli obiettivi perseguiti dalla direttiva macchine è snellire e semplificare l’iter di definizione della conformità delle stesse macchine, promuovendone la libera circolazione nel mercato interno.

Tale obiettivo, per la Corte, sarebbe vanificato se la legislazione degli Stati Membri considerassero ugualmente responsabili della conformità delle macchine, alla stregua del fabbricante, operatori che si trovano a valle del fabbricante stesso.

Negli ultimi anni l’Unione Europea è intervenuta a disciplinare l’immissione in commercio di molti prodotti mediante il meccanismo legislativo del così detto “Nuovo Approccio”.

Sostanzialmente l’Unione con il Nuovo Approccio stabilisce i requisiti minimi di sicurezza che determinati prodotti (quali ad esempio le macchine da lavoro, i giocattoli, i dispostivi medici, etc…) devono possedere per poter essere considerati sicuri e poter liberamente circolare all’interno della Comunità Europea.

Il possesso dei requisiti di sicurezza richiesti di un prodotto è “certificato” dall’apposizione della marcatura CE sullo stesso prodotto.

In tutte le discipline il soggetto incaricato di ideare, progettare e costruire i prodotti conformi ai requisiti minimi di sicurezza è il Fabbricante.

Ma che tipo di obblighi e responsabilità ricadono su distributore e importatore?
Sul punto purtroppo le direttive non sempre fanno chiarezza e spesso nell’attuazione delle stesse direttive i singoli stati membri introducono altri elementi di confusione.
Ma come spesso è successo nel diritto comunitario la Corte di Giustizia è intervenuta a far luce sulla non facile questione.
Con la sentenza del 8 settembre 2005, emessa nella Causa C – 40/04, la Corte di Giustizia è, infatti, intervenuta a chiarire i limiti circa gli obblighi di controllo e verifica in capo all’importatore di apparecchiatura marcate CE.

Vediamo brevemente il caso.
Punto di partenza della pronuncia è il grave infortunio sul lavoro di cui è stato vittima il dipendente di una società finlandese al quale, mentre cambiava le lame di una pressa piegatrice idraulica, sono state recise otto dita.

L’infortunio si è verificato a causa di un urto accidentale del pedale di avviamento della macchina da parte del dipendente che aveva provocato un movimento della pressa, nonostante la macchina non fosse in funzione e nonostante la stessa fosse staccata dalla corrente.

La pressa in questione risultava marcata CE, in forza della direttiva macchine (direttiva 98/37/CE) da fabbricante francese ed importata in Finlandia da imprese del luogo.

Nel corso del giudizio, il Tribunale Finlandese ha ritenuto parzialmente responsabile la società importatrice sulla base di quanto disposto dalla Legge finlandese in materia di sicurezza sul lavoro.

In base alla normativa nazionale, infatti, il produttore, l’importatore e il venditore di una macchina hanno identici obblighi di verifica dei requisiti di sicurezza e tutela della salute dettati per l’impiego di macchine industriali sottoposte alla direttiva CE n. 98/37/CE.

Davanti alla Suprema Corte, la Società importatrice della pressa incriminata contestava la compatibilità con le norme comunitarie sulla libera circolazione delle merci della normativa finlandese nella parte in cui si chiede all’’importatore di verificare la sicurezza di una macchina importata già marcata CE in un altro Stato Membro.

La Corte di Giustizia, chiamata a decidere sulla questione si è sostanzialmente pronunciata a favore dell’importatore.

La Corte ha, infatti, sottolineato che uno degli obiettivi perseguiti dalla direttiva macchine è snellire e semplificare l’iter di definizione della conformità delle stesse macchine, promuovendone la libera circolazione nel mercato interno.

Tale obiettivo, per la Corte, sarebbe vanificato se la legislazione degli Stati Membri considerassero ugualmente responsabili della conformità delle macchine, alla stregua del fabbricante, operatori che si trovano a valle del fabbricante stesso.

Quindi, per la Corte, in presenza della marcatura CE l’importatore non è obbligato a verificare che la macchina sia conforme ai requisiti essenziali di sicurezza e, dunque, in caso di malfunzionamento non è penalmente responsabile degli eventuali danni subiti dal lavoratore.

Per la Corte gli Stati Membri possono unicamente, a loro discrezione, applicare delle disposizioni nazionali che impongano all’importatore in uno Stato membro di una macchina prodotta in un altro Stato membro di:

1. verificare, prima della consegna della macchina all’utente, che essa sia munita di marcatura «CE» e di dichiarazione «CE» di conformità, accompagnata da una traduzione nella o nelle lingue dello Stato membro di importazione, nonché di istruzioni per l’uso, accompagnate da una traduzione nella o nelle lingue del detto Stato;

2. fornire, successivamente alla consegna della macchina all’utente, ogni informazione e collaborazione utili alle autorità nazionali di controllo nell’ipotesi in cui la macchina presenti rischi per la sicurezza o per la tutela della salute, a condizione che tali requisiti non si risolvano nell’assoggettare l’importatore all’obbligo di verificare egli stesso la conformità della macchina ai requisiti essenziali di sicurezza e di tutela della salute previsti dalla direttiva medesima.

A parere di chi scrive la pronuncia della Corte di Giustizia costituisce un fondamentale leading case per tutte le materie disciplinate attraverso il meccanismo legislativo del Nuovo Approccio, come la direttiva macchine.

La legislazione del Nuovo Approccio tipicamente riconosce precisi obblighi e responsabilità in capo ai diversi operatori economici (fabbricante in primis), come peraltro la stessa Corte ha sottolineato nella Sua pronuncia.

Ne discende che la diversità di ruoli prevista nelle diverse direttive del Nuovo Approccio non può non generare anche una diversità di obblighi e responsabilità. Peraltro occorre valutare un ulteriore aspetto.

Se si ammettesse un uguale responsabilità di diversi operatori, analogamente a quanto fatto dalla legge Finlandese, un utente o un consumatore che volesse lamentare un difetto di conformità del prodotto acquisito potrebbe aver difficoltà a far valere i propri diritti.
Si potrebbe, infatti, generare un passaggio – scarico di responsabilità tra un soggetto ed un altro.

Anche in questo senso la sentenza della Corte non può che essere vista come rappresentativa non solo del settore coperto dalla direttiva macchine, ma di tutti i settori disciplinati dalle direttive del Nuovo Approccio. La pronuncia quindi non fa che ribadire un principio del Nuovo Approccio che garantisce la certezza di tutela di utenti e consumatori: il fabbricante è il solo responsabile della conformità dei prodotti ai requisiti minimi di sicurezza richiesti dalle direttive comunitarie.

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Alessandro Pratelli

Perito aeronautico, calsse '72. Lavora come redattore tecnico dal 1995 poi fonda AP Publishing. Appassionato di Direttive e norme tecniche. La frase che preferisce? "Se non alzi mai gli occhi, ti sembrerà di essere nel punto più in alto".