Emergenza: formazione e interventi per garantire reazioni appropriate
tratta da puntosicuro di Tiziano Menduto
Durante le emergenze le emozioni intralciano la ragione e influenzano la capacità di mettere in atto quanto appreso. La reazione emotiva, il vissuto istintivo, il ruolo degli altri e alcune indicazioni su come importare la formazione.
Padova, 15 Dic – Il 14 ottobre 2011 si è tenuto a Padova il seminario dal titolo “Sicurezza nell’emergenza – Il comportamento in situazioni di emergenza incendio: formazione e interventi per garantire reazioni appropriate”.
Il seminario – organizzato da Confindustria Padova e AIF Veneto – ha provato ad analizzare come ci si comporta in una situazione di emergenza, quando la reazione emotiva è talmente rilevante da ostacolare la razionalità cognitiva.
In particolare l’obiettivo dell’incontro – i cui atti sono stati pubblicati sul sito di Sapi spa – era quello di individuare come intervenire sull’ambiente di lavoro, come progettare la formazione, come effettuare le simulazioni di evacuazione affinché le persone siano effettivamente in grado di agire in sicurezza nel momento dell’emergenza.
Infatti anche nelle organizzazioni, situazioni in cui siano presenti persone esterne (visitatori, ospiti, clienti, …) una squadra di emergenza deve essere in grado di guidare efficacemente chi non è formato e presumibilmente si trova totalmente impreparato ad affrontare la situazione di emergenza.
Di comportamenti e di reazioni emotive durante le emergenze ha parlato, ad esempio, la Dott.ssa Elena Padovan nell’intervento “ Sicurezza nell’emergenza: come le emozioni intralciano la ragione e influenzano la capacità di mettere in atto quanto appreso”.
Riguardo alla sicurezza nell’emergenza queste sono alcune domande che dovremmo porci:
– “cosa ci accade quando ci sentiamo in pericolo?
– Riusciamo ad essere freddi e razionali o le emozioni prendono il sopravvento?
– Agiamo pensando con la nostra testa o seguiamo la folla? Che influenza hanno gli altri sulle nostre azioni nelle situazioni di pericolo?
– Riusciamo a mettere in atto quello che abbiamo appreso se l’emergenza ci impone di agire in fretta e siamo spaventati?
– Come si può, attraverso la formazione, aumentare la probabilità di far attuare i comportamenti più idonei”?
Dopo aver dato indicazioni sul funzionamento del nostro cervello, sul rapporto tra stimoli e reazioni e sull’incontro di ragione, emozioni e istinto in situazioni di emergenza, la relatrice sottolinea che durante un’emergenza “la reazione istintiva e il vissuto emotivo fanno partire delle reazioni che sfuggono al controllo razionale e intralciano il recupero dalla memoria degli apprendimenti, soprattutto se la traccia mnestica è solo cognitiva”.
Tuttavia se invece in memoria “vi sono pattern di comportamenti consolidati e ‘automatici’ associati alla situazione di emergenza è probabile che si attivino anche senza un intervento razionale”.
La relatrice affronta poi il modello della Razionalità Limitata (Simon) e riporta diversi esempi relativi alle reazioni alle emergenze con riferimento anche agliesperimenti di Darley e Latanè:
-soccorso per malore: “da soli o apparentemente in cinque, ognuno in una stanzetta impegnato in un compito assegnato dallo sperimentatore. Di fronte a una richiesta d’aiuto proveniente dalla stanza accanto dove apparentemente una persona si sta sentendo male, quali sono le reazioni? Quando si pensa di essere soli l’85% interrompe la sessione entro 52 secondi. Il 31% interrompe la sessione dopo 166 secondi se pensa che altri 4 potrebbero intervenire;
-emergenza fumo: “da soli o con altre due persone (complici impassibili) in una stanza impegnati a compilare un questionario. Entra fumo da sotto la porta. Quali reazioni? Da soli entro 3-4 minuti il 75% esce per avvisare e chiedere aiuto. In 3 per 6 minuti il 90% dei soggetti non si muove, malgrado l’aria fosse diventata irrespirabile”.
Dunque bisogna tener conto del ruolo degli altri. Le reazioni degli altri determinano le nostre e “tante più sono le persone che in una circostanza di emergenza sono effettivamente in grado di accorrere in aiuto, tanto meno ciascuna di loro si sentirà investita della responsabilità di intervenire”.
Queste alcune fasi e condizioni che avvengono quando si interviene per aiutare:
– “si presenta una situazione di pericolo potenziale;
– la situazione può essere definita di emergenza (interpretazione della situazione);
– la persona che viene a conoscenza del pericolo deve sentire la responsabilità di intervenire in aiuto (= ruolo);
– la persona deve avere qualche idea su come agire per essere d’aiuto (= formazione);
– la persona accorre in aiuto”.
Alla luce di quanto detto, come impostare la formazione per facilitare la reazione corretta in casi di emergenza?
Bisogna infatti tener conto che “le persone ricordano:
– 10% di ciò che viene letto;
– 20% di ciò che viene ascoltato;
– 30% di ciò che viene visto;
– 50% di ciò che viene visto e ascoltato;
– 70% di ciò che viene letto e discusso;
– 90% di ciò che viene letto e fatto”.
Dunque gruppo e coinvolgimento “sono gli ingredienti dei metodi più efficaci”.
L’intervento si conclude con alcune indicazioni metodologiche e alcune riflessioni:
– evidentemente la teoria non basta: è necessaria anche la pratica;
– Preferire il metodo deduttivo (prima la teoria e poi la pratica) o il metodo induttivo (prima sperimento, poi rifletto sull’esperienza)?
– È meglio sperimentare in prima persona o osservare gli altri?
– È più facile imparare un passo per volta o tutto il processo insieme?
– È utile indurre una reazione emotiva o è più efficace l’apprendimento in un contesto asettico?
– Le prove (ad es. evacuazione) vanno fatte di sorpresa o vanno annunciate?
Gliatti del seminario:
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.