Sentenza di cassazione. Infortunio ad una mano e manomissione dei componenti di sicurezza di una pressa

Sentenza di cassazione. Infortunio ad una mano e manomissione dei componenti di sicurezza di una pressa

Cassazione Penale, Sez. 4, 08 febbraio 2018, n. 6156 – Nessun dispositivo di sicurezza della pressa: infortunio ad una mano. Certificazione di conformità da parte della ditta produttrice.

 

Fatto

1. La Corte d’appello di Torino ha confermato la sentenza del Tribunale di quella città, appellata dall’imputato O.G., con la quale costui era stato condannato per il reato di cui all’art. 590 co. 1, 2, 3 e 5 cod. pen., per avere, nella qualità di A.D. della OLIMP s.r.l., per colpa, consistita in negligenza, imprudenza, imperizia e in violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro (art. 70 co. 2 d.lgs. 81/2008), consentito o, comunque, non impedito che gli organi lavoratori di una pressa presente in azienda, potendo costituire pericolo per i lavoratori, non fossero protetti, segregati o comunque provvisti di dispositivi di sicurezza e applicato alla macchina un sistema di azionamento a pedale, in luogo di quello a doppi comandi da azionarsi con entrambe le mani, così consentendo ai lavoratori di operare sulla stessa senza che fosse provvista di idoneo sistema o riparo che impedisse il contatto delle mani con gli organi lavoratori della pressa, così cagionando alla lavoratrice dipendente D.P. lo schiacciamento della mano sinistra con le lesioni meglio descritte in imputazione.
2. Secondo la originaria prospettazione d’accusa, all’O.G., n.q., era stato pure contestato il reato di cui all’art. 437 cod. pen., vale a dire la dolosa rimozione del sistema di sicurezza con il pedale di azionamento, imputazione dalla quale, tuttavia, egli era stato assolto già in primo grado perché il fatto non sussiste.
3. L’imputato ha proposto ricorso a mezzo di difensore, formulando due motivi.
Con il primo, ha evocato un concorso apparente di norme tra l’art. 437 e l’art. 590 cod. pen., quest’ultimo aggravato dalla violazione della normativa antinfortunistica e la conseguente violazione del principio di specialità di cui all’art. 15 cod. pen. e del ne bis in idem sostanziale. Cosicché, nel caso in esame, dovendosi considerare più grave il primo dei due reati, PO.G. avrebbe dovuto essere assolto anche dal secondo, stante il divieto di sottoporre a giudizio un soggetto per lo stesso fatto, per due titoli diversi.
Con il secondo, ha dedotto violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, rilevando che – pur essendo stato contestato all’imputato un profilo di colpa specifica e profili di colpa generica – tuttavia il punto focale dell’addebito era quello di avere applicato alla pressa un comando a pedale che non avrebbe impedito il contatto tra il macchinario e le mani dei lavoratori, laddove il macchinario era stato acquistato con certificazione di conformità e dotazione del sistema di doppio azionamento (a pedale e a doppi comandi manuali). Pertanto, non potendosi riconoscere alcun addebito a titolo di colpa specifica, la Corte d’appello ha riconosciuto, in capo all’imputato, un addebito a titolo di colpa generica, per non avere l’O.G. adottato tutte le possibili cautele per evitare che gli addetti alla pressa potessero subire infortuni, senza tuttavia specificare quali fossero le cautele omesse.

Diritto

1. Il ricorso va rigettato.
2. La Corte territoriale ha ricostruito i fatti sulla scorta di quanto esposto nella sentenza appellata, ritenendo così accertato che la lavoratrice D.P., addetta alla pressa incriminata, avesse, nell’occorso, utilizzato il macchinario secondo le indicazioni dell’imputato, servendosi del comando a pedale e venendo così a contatto con la pressa. Infatti, in base al racconto della donna, costei aveva azionato la pressa con il pedale quando ancora non aveva da essa estratto la mano.
Dalla ispezione espletata era poi emerso che la pressa in questione non era effettivamente dotata di idoneo sistema di riparo che impedisse il contatto delle mani con gli organi di lavoro.
Da ciò era stata ricavata la penale responsabilità dell’imputato, non avendo egli, n.q., adottato le cautele necessarie ad eliminare la pericolosità di quel macchinario, rimuovendo il comando a pedale e consentendone l’uso solo a mezzo del doppio comando manuale.
La Corte territoriale ha poi respinto le doglianze formulate con il gravame di merito, rilevando, quanto alla certificazione di conformità da parte della ditta produttrice della pressa e alla circostanza che il macchinario era già dotato di sistema di azionamento a pedale, che la specifica disposizione antinfortunistica contestata (art. 70 co. 2 d.lgs. 81/1008) rimanda all’All. V (requisiti generali di sicurezza) che, nell’ipotesi di utilizzo di presse, prevede che le stesse debbano essere munite di ripari atti ad evitare che le mani o altre parti del corpo dei lavoratori restino offese dal punzone o da altri organi mobili lavoratori, in ogni caso rilevando che residuerebbero, nel caso all’esame, anche profili di colpa generica, testualmente contestati, dovendo il datore di lavoro porre in essere tutte le cautele atte ad evitare pregiudizio al lavoratore nell’uso della pressa ed elidere la pericolosità intrinseca del macchinario, così dando risposta anche alla seconda doglianza, con la quale era stata eccepita la nullità della sentenza appellata per violazione dell’art. 522 cod. proc. pen.
3. Il primo motivo è infondato.
Con la specifica doglianza, non proposta in sede di gravame di merito e, quindi, affetta da intriseci connotati di inammissibilità, la parte ha evocato un  presunto rapporto di specialità tra le norme di cui ai reati ab origine contestati all’O.G., configurandosi, secondo tale impostazione, un concorso apparente di norme che giustificherebbe l’assoluzione dalla fattispecie colposa, per essere stato l’imputato già giudicato per quella dolosa.
3.1. La tesi difensiva non può essere accolta.
In caso di concorso di norme penali che regolano la stessa materia, il criterio di specialità (art. 15 cod. pen.) richiede che, ai fini della individuazione della disposizione prevalente, il presupposto della convergenza di norme può ritenersi integrato solo in presenza di un rapporto di continenza tra le norme stesse, alla cui verifica deve procedersi mediante il confronto strutturale tra le fattispecie astratte configurate e la comparazione degli elementi costitutivi che concorrono a definirle [cfr. Sez. U. n 1235 del 28/10/2010 Cc. (dep. 19/01/2011), Giordano ed altri, Rv. 248864].
Peraltro, con specifico riferimento agli elementi differenziali tra il reato di rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro e le lesioni personali colpose, aggravate dalla violazione della normativa antinfortunistica, si è anche in passato precisato che il contenuto costitutivo del reato descritto dall’art. 437 cod. pen. e quello del reato di lesioni colpose sono tra loro sostanzialmente diversi e l’uno non comprende l’altro; infatti, nel reato di lesioni colpose l’elemento soggettivo è costituito appunto dalla colpa, mentre nel reato ex art. 437 cod. pen. è richiesto il dolo, che consiste nella coscienza di non adempiere l’obbligo giuridico di collocare gli impianti; nello schema legale tipico del primo non è inclusa la condotta costitutiva descritta nella fattispecie legale del secondo; i due reati si differenziano anche per la diversità dell’evento che nel delitto di cui all’art. 437 cod. pen. è costituito dal comune pericolo di disastro o di un infortunio il cui effettivo verificarsi non è elemento costitutivo del reato medesimo perché costituisce ove si realizzi, circostanza aggravante; invece, nel delitto di cui all’art. 590 cod. pen., l’evento è costituito dalle lesioni subite dalla parte offesa [cfr. sez. 4 n. 1648 del 17/11/1983 Ud. (dep. 24/02/1984), Rv, 162784].
Sempre a tal proposito, si è anche successivamente affermato che il datore di lavoro ha l’obbligo di garantire la sicurezza del posto di lavoro, sì che la condotta contraria, oltre che integrare gli estremi del delitto di cui all’art. 437 cod. pen., si atteggia anche ad elemento costitutivo della colpa per inosservanza di leggi che connota il delitto di lesioni di cui all’art. 590 cod. pen. [cfr. sez. 1 n. 459 del 29/10/1993 Ud. (dep. 19/01/1994), Rv. 196205].
3.2. Anche il secondo motivo è infondato.
La Corte ha congruamente risposto alla doglianza formulata in sede di merito, rilevando lo specifico profilo di colpa specifica e descrivendo, all’interno della contestazione contenuta nel capo d’imputazione, anche i profili di colpa generica ravvisabili nella condotta contestata all’O.G..
Parte ricorrente si è limitata ad opporre che la Corte d’appello avrebbe ritagliato in capo all’agente una condotta non descritta nel capo d’imputazione, avendo escluso il profilo di colpa specifica (applicazione del comando a pedale) e riconoscendo solo profili di colpa generica non indicati.
La doglianza è frutto di un’affermazione che sostanzialmente non si confronta con le argomentazioni che il giudice d’appello ha esposto a sostegno del proprio convincimento. Ove tale raffronto vi fosse stato, infatti, non sarebbe sfuggito l’espresso riferimento operato dal giudice di merito all’art. 70 co. 2 d.lgs. 81/2008, con il richiamo ivi contenuto all’AII. V, concernente anche macchinari del tipo di quello oggetto della norma cautelare violata.
Non corrisponde al vero, pertanto, che la Corte d’appello abbia escluso profili di colpa specifica, quanto a quelli di colpa generica, rilevandosi una precisa descrizione di essi, contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente.
Sul punto, peraltro, non può omettersi un confronto anche con i principi più volte affermati da questa Corte di legittimità, disattesi, sebbene richiamati, nel ricorso, essendosi negata la violazione del principio di correlazione tra l’accusa e la sentenza di condanna nel caso in cui la contestazione concerna globalmente la condotta addebitata come colposa, essendo consentito al giudice di aggiungere agli elementi di fatto contestati altri estremi di comportamento colposo o di specificazione della colpa, emergenti dagli atti processuali e, come tali, non sottratti al concreto esercizio del diritto di difesa [cfr. Sez. 4 n. 35943 del 07/03/2014, Rv. 260161; n. 51516 del 21/06/2013, Rv. 257902].
4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Deciso in Roma il giorno 19 dicembre 2017.

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Alessandro Pratelli

Perito aeronautico, calsse '72. Lavora come redattore tecnico dal 1995 poi fonda AP Publishing. Appassionato di Direttive e norme tecniche. La frase che preferisce? "Se non alzi mai gli occhi, ti sembrerà di essere nel punto più in alto".